Il suicidio, è coperto da diversi stereotipi. È un fattore sociale come diceva Augusto Comte, fra i padri del Positivismo nel XIX Secolo. Non è un fattore individuale, tendenzialmente ci si suicida per un altro o per gruppi di altre persone, c’è chi sceglie modalità teatrali, chi lo fa di nascosto, chi lo fa impulsivamente o lo progetta attentamente, chi usa maniere più o meno violente e chi chiede aiuto ad altri. A volte vi è la volontà di lanciare un messaggio disperato, a volte di punire i superstiti, in qualche caso è un atto d’amore. Le cause sono svariate: crisi finanziarie, fragilità psicologica, problemi fisici, ingiustizie legali e familiari subite, violenza fisica, sessuale, violenza psicologica reiterata, umiliazioni subite, emozioni di senso di colpa o di vergogna insostenibili. I fattori sono tanti, spesso legati a livello di multifattorialità: fattori economici, psicologici, fisici, chimici, genetici, climatici, sociali, culturali, religiosi etc…
Il primo grande paradosso in cui tutt’ora si crede è quello scandinavo: secondo una visione riduzionistica legata alla scarsa luce solare (fra le varie concause, ma non di certo l’unica!) i paesi scandinavi sono quelli fra cui il suicidio è più diffuso. In un recente rapporto della OMS sulla classifica dei 20 paesi dove il suicidio è più diffuso (1 ogni 100000 abitanti) la Finlandia è l’unico paese scandinavo che vi appare ed è al 16mo posto. Probabilmente questo stereotipo è alimentato dal fatto che i più non capiscono come una tragedia accada in un posto con una buona qualità della vita. E secondo un ragionamento orientato alla sola Latitudine mi aspetterei tassi più elevati fra i paesi che si trovano dalle parti dei Poli terrestri, come l’Islanda, il Canada oppure il Sud Africa e l’Argentina!
Una grave mancanza è la confusione di varie espressioni, come confondere il suicidio con il tentativo o la minaccia di suicidio. Alcune fonti epidemiologiche riportano che sono gli uomini che effettuano effettivamente un suicidio, mentre le donne sono quelle minacciano di farlo.
Non tutti su suicidano. Chi ha tentato di suicidarsi è più probabile che pianifichi nuovamente l’atto, ci riprovi e che ci riesca. Molti non si suicidano anche se molti lo sperano o si chiedano che senso abbia il loro continuare a vivere. Ma non lo fanno.
Il suicidio va distinto dal para-suicidio. Molte persone non hanno né l’intenzione né la capacità progettuale per farlo, tuttavia nei fatti lo fanno. Il macabro esempio del Darwin Award è uno di questi casi, dove molte persone hanno fattivamente eseguito questo piano anti-evoluzionistico. Per quanto riguarda casi meno eclatanti e spettacolari possiamo inserire in questa categoria tutti coloro che nei fatti si sono uccisi e/o lasciati morire. Qui parliamo di persone che vanno da quei soggetti impenitenti che hanno condotte talmente malsane da morire giovani, fra consumo di sostanze, pratiche sessuali a rischio e sport estremi; oppure annoveriamo qui quelle persone che, contro ogni evidenza scientifica e legata al buonsenso, non ascoltano decine di consigli medici per lasciarsi morire a causa di malattie terminali con anni e anni di anticipo.
Naturalmente, fenomeno trasversale a tutte le psicopatologie in particolare, dobbiamo poi considerare il fenomeno del “sommerso”.