Il dolore psichico fa male, passa tutto attraverso l’esperienza soggettiva e, aldilà della causa di questa sofferenza, può essere lacerante, a volte drammatico quanto inesprimibile, con una presunzione quasi narcisistica di chi è la persona più sofferente del mondo. Naturalmente l’espressione oggettivo in questo caso è fuori luogo, per quanto di fronte a chi soffre può venirci da pensare che c’è chi sta peggio o che, in fondo, a volte è una situazione dolorosa che questa persona si è creata da sola o che continua a circondarsi delle persone nocive e inutili che hanno creato e rafforzano questo drammatico disagio. Sottolineare questo quando la persona è in preda al dolore è un attacco frontale, equivale a un massacro. Chi sta soffrendo ad altissimi livelli non solo è a volte intrattabile e avvicinabile e chi vuole farlo ragionare, espressione spesso abusata, è destinato a essere coperto di insulti o assistere ad ancora più dolore. Di fronte a questi momenti, chi sta vicino a chi soffre non può che restare lì, ascoltare, spesso stare solo zitto, resistere all’immane tentazione di dire qualcosa, essendo questa percepita come invalidante e fatta equivalere a uno sche scappa, che insulta o prende in giro chi soffre. Il dolore nero non ragiona, non ha senso dell’umorismo, non vuole trovare soluzioni, tendenzialmente è un dolore fatto di disperazione e di rabbia contro il mondo, anche contro chi vuole aiutare. Chi sta in un simile stato di sofferenza non trova soluzioni a una situazione negativa, in realtà non la vuole trovare e boccia qualunque proposta. In quel momento non c’è soluzione, l’unica cosa che l’altro può fare è stargli vicino, non parlare, ascoltare, accogliere le frasi anche più imbarazzantemente stupide per passare il messaggio di accoglienza del dolore dell’altro, dolore che in quel momento è tutt’uno con la personalità dell’altro. Aspettando che finisca e si apra finalmente uno spiraglio di ragionamento e dialogo.
Sofferenza
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